TRACCE DI UN'ASSENZA
Vocazione di un linguaggio afono
Paolo Savardi
Nell'affrontare le opere di Giuliano Collina qui rappresentate, un ciclo di nature morte, non si può fare a meno di avvertire - considerandola da un punto di vista formale - la riduttività di tale definizione. Infatti, se da un lato l'idealismo estetico delle composizioni si esprime attraverso la consueta rappresentazione di oggetti quotidiani, pur circoscritti e ripetuti come lettere di uno scarno alfabeto, già l'alterazione dell'equilibrio spaziale attraverso l'artificioso inserimento di orizzonti prospettici multipli, sconfina in un dominio che va ben oltre il "genere". Queste tele evocano una sottile malinconia, un invito pressante a cogliere l'attimo in cui la luce svela la forma delle cose, la loro sospesa staticità che diviene, nel medesimo istante, premonizione di dissolvimento futuro. La luce, che si oppone all'enigmatico buio sempre presente - a brandelli - in ogni opera, penetra lo spazio pittorico , disseziona gli oggetti inseguendone la verità nascosta, la loro fragile meraviglia che l'artista ci restituisce rielaborata. Questa spiccata sensibilità nei confronti della luce e dello spazio arricchisce di contenuti la rappresentazione pittorica, animandola e disvelando una vita che non pu˜ essere spiegata con un linguaggio di mero naturalismo poichè celata in profondità, nell'essenza stessa delle cose che -transitivamente - ci parlano dellÕartefice che quelle cose ha creato. Ma gli oggetti restano tali e l'artista non vuole caricarli didascalicamente di valori simbolici o metafisici. Non vuole sostituirsi a quanto già intrinsecamente vi è di metafisico e simbolico negli oggetti toccati e macerati dalle mani dell'uomo, che affiora nella dilatazione dello spazio, nello straniamento della luce, nella scomposizione-ricomposizione dell'orizzonte prospettico. Allora, la briciola è un relitto del pane quotidiano, archetipo del bisogno individuale, minimo eppure grande e a volte insormontabile; il panno su cui poggiano gli strumenti della consuetudine è infinita trama, reticolo intersecato di consuete esistenze; le stoviglie, abbandonate secondo casualità, di volta in volta testimoniano ineguali deschi e la cena precedentemente consumata può essere stata un'ultima cena o quella quotidiana, secondo individuale scelta immaginativa. Collina dipinge gli strumenti del vivere privandoli della presenza umana, sottraendo la forza capace di dare impulso dinamico, il soffio vitale. Ma questa sottrazione così ineludibile, marcata a tal punto da divenire dolorosa, è portavoce di istintive riflessioni. Posate, piatti, bicchieri, da ogni singolo oggetto sgorga un sentimento di empatia verso l'assente, quell'uomo che ha abbandonato il campo dopo aver spezzato il pane, bevuto un bicchiere di vino, lasciando le scorie del proprio passaggio. Uomo che vorrebbe farsi - almeno per un istante - angelo, abbandonando alle spalle l'insonne affanno del vivere. Lontane da ogni intento decorativo o formale, Le cose dipinte di Collina sono rilievi cartografici degli infiniti percorsi umani, memoria di tracce, di mutazioni che hanno scompaginato un ordine iniziale. Hanno la vocazione e la sapienza di parlare con un linguaggio afono eppure incisivo; quanti riescono a decifrarlo ne ricevono una sensazione di scoperta, una elevazione simile a quella del poeta "É che sulla vita plana e, sicuro, intende la segreta lingua dei fiori e delle cose mute."
(*) cfr . Elèvation - Charles Baudelaire - Les fleurs du mal
… L'attività di Collina è ripercorribile attraverso pochi ma corposi nuclei o cicli tematici, anche se tali caratteristiche di lavoro non devono far presupporre un andamento circolare, bensì ellittico, non privo di diversioni e ritorni… L'attenzione dell'artista a una quotidianità antiretorica, la perquisizione dell'archivio di forme offerto dalla banalità del vivere, crescono d'intensità e consapevolezza negli anni… far il 1964 e il 67… Gli oggetti d'uso comune, le tranches de vie dell'habitat domestico assumono infatti il sembiante di altro: la giacca si fa paesaggio, la mano chiusa a pugno diventa una roccia, il paesaggio nuvola… L'interesse "pop" per l'oggetto quotidiano - il giornale, la camicia, la tazza da caffè, il pacchetto di "Marlboro" già consumato, l'accappatoio/isola Comacina - interesse sottolineato dall'impiego di una gamma del tutto antinaturalistica di colori, lascia intravedere quel processo di isolamento del reperto domestico che sfocerà nella serie di natura morte inerenti gli anni 1981-82. Scriverà Roberto Sanesi presentando nel 1980, su catalogo Electa, la personale milanese di Collina a Palazzo Bagatti Valsecchi: "…Un racconto circolare, a spirale, che con tutti i ripiegamenti e le deviazioni e i rimandi che ne fanno una metafora della riflessione su interno-esterno o natura dentro di noi/fuori di noi, si pone come esplicita intenzione di tradurre ogni oggetto visibile e concreto, il supporto reale, in soggetto di una visione sovrareale".
Da: Domenico Montalto, Collina, senso di un percorso Catalogo mostra Giuliano Collina: opere 1962-1995, Galleria Bellinzona, Milano
… Qui,… è proprio l'apparente improbabilità della collocazione degli oggetti (di per sé privi di collocazione anomale) su superfici vertiginosamente ribaltate verso lo spettatore, su tali piani inclinati in una sorta di sesto grado… a rendere ambiguo il peso degli oggetti malgrado la resa pittorica accuratamente fedele al principio della plasticità. Il piatto, nel perdere ogni convenzionale funzione d'appoggio soprattutto là dove i suoi limiti si estendono al di fuori del quadro…, si muta in una mappa indifferenziata di accadimenti, in un luogo puramente ideale sul quale gli oggetti perdono a loro volta ogni indizio di stabilità pur dovendosene riconoscere la concretezza. Più che situati in quel preciso luogo, staticamente, si direbbe che in queste nature morte gli oggetti sono sospinti in un tentativo d'azione. Nel senso che la distanza che li separa sembra oggettivarsi, non solo perché come colmata da invisibili tracciati di raccordo ma anche caricata da un'energia che nell'investire gli oggetti fra loro separati finisce col denunciare, in quello spazio vuoto sensibilizzato dall'attesa, una loro possibilità dinamica. Instabili, quasi sospesi, pronti a precipitare gli uni verso gli altri o altrove, nello stesso istante strumenti e succubi di un congegno di attrazioni e repulsioni, essi comunque non descrivono se stessi ma un senso di imminenza…
Da: Roberto Sanesi, Giuliano Collina - Dipinti e disegni 1980-1982 Catalogo mostra Palazzo della Permanente, Milano, 1982
… Ogni immagine di Collina sembra colta all'inizio o alla fine di una "zoomata" cosmica e misteriosa, perché l'immagine contiene sempre, per così dire, la memoria di ciò che di immensamente più piccolo o di immensamente più grande la sguardo ha progressivamente escluso… Tutto è pura immagine, icona, sindone, mappa, cartografia, alla fine, ma tutto è stranamente lucido e presente… Collina registra ciò che vede, come un inclassificabile impressionista o vedutista moderno che non dipinge le cose o le loro apparenze, ma l'immagine più precisa e più complessa che ne incarna l'essenza e ne conserva la memoria
Da: Francesco Porzio, Giuliano Collina-Opere recenti Catalogo mostra Galleria delle Ore, Milano 1991