GIULIANO COLLINA
La vita in studio
LA VITA IN STUDIO - INTRODUZIONE DI MARA FOLINI
La mostra Giuliano Collina – La vita in studio nasce nell’estate del 2015 quando, accompagnata da mio fratello Renato nello studio dell’artista a Como, si parlava della programmazione del Museo di Ascona, in vista dei festeggiamenti per il Centenario di Dada nel 2016. Giuliano ascoltava mentre, con grande tranquillità, estraeva da una grande cassettiera disegni – collage, assembaggi - tutti accuratamente custoditi e ordinati in apposite buste di plastica trasparente. Eravamo di colpo tutti in silenzio, a dir poco sorpresi, mentre i nostri occhi si illuminavano davanti a questa inesauribile opera di ingegno, che era rimasta celata fino a quel momento persino a sua moglie Gabriella. Giuliano esordiva dicendo: “Ecco, questi lavori sono tutti resti delle mie opere realizzate nel corso degli anni, che erano destinati alla spazzatura, ma che poi, non sono riuscito a separarmene…”. E per fortuna!, pensavo tra me e me, perché questi “resti” o “Le Cose Avanzate,” le “LCA”, così come oggi vengono chiamate dall’artista, sono opere d’arte così vive, parlanti, così intrinsecamente Giuliano Collina, che certo non potevano finire nel dimenticatoio. Queste opere, così all’insegna della totale libertà creativa, si inseriscono nel solco della tradizione Dada, per attraversare Pop Art e New Dada e giungere fino a noi rielaborate in modo originale dalla grande creatività del coltissimo artista lariano che, con maestria e sapienza, sa sondare oltre l’apparenza, pescando a piene mani dalla sua inesauribile fantasia quanto dalla sua vasta conoscenza storico artistica, dell’arte antica, quanto rinascimentale che novecentesca.
Con quella discreta umiltà rara che caratterizza l’uomo saggio, Giuliano Collina nel suo lungo operare fin dagli esordi negli anni Cinquanta del novecento non ha mai smesso di rinnovarsi, metabolizzando tensioni, dubbi, contraddizioni, con risposte sempre nuove e al passo con i tempi sia sul piano dei contenuti che su quello della forma, nell’azzardare, ricercare e sperimentare tutti gli aspetti tecnici del mestiere, alternando alla pittura, in tutte le sue espressioni tecniche (olio, tempera, smalti industriali, affresco…), le arti grafiche, la scultura e persino le installazioni. Nel confrontarsi con l’arte del suo tempo - tra astrattismo, informale, nuova figurazione e realismo esistenziale – Giuliano Collina resta pur sempre fedele al suo sentire individuale, nell’interrogare sé stesso e l’ambiente in cui agisce, sul senso del vivere, nell’esprimere con i piedi ben radicati nel terreno, le proprie tensioni e aspirazioni del tutto umane. Perché in tutto l’operare di Giuliano Collina se c’è una costante vi è proprio quella di non potere circoscrivere, definire il suo lavoro a un dato movimento o a uno stile ben preciso, perché Collina è intrinsecamente uno sperimentatore critico che ciclicamente si rinnova senza mai rinnegare sé stesso e il suo lavoro, nel mantenersi al passo coi tempi, protagonista del suo divenire. E sono proprio questi lavori, che oggi vengono per la prima volta presentati al pubblico, a segnare emblematicamente questo preciso procedere artistico all’insegna della piena libertà espressiva dell’artista, facendo dei “resti” o meglio de “Le Cose Avanzate” la sua parola d’ordine per incidere nel sociale, nella nostra cultura globale, frammentata, liquida e disorientata, in nome della creatività dell’arte, della libertà di pensiero e persino del lusso di prendersi con disincanto in giro, con ironia e lirica poesia. Risalendo così a Dada non tanto per ammirazione o per legittima paternità, quanto piuttosto nel rivendicare all’arte, così come all’uomo, la possibilità di esprimersi senza pregiudizi nel solco di una vita in continuo divenire, nella libertà di opporsi comunque e sempre a dogmi aprioristici o di comodo calati dall’alto.
Bricoleur dell’arte, creatore di cultura, Giuliano Collina oggi come ieri gioca, si interroga, inventa, nel suo studio, fucina di idee, nel ridare statuto di arte a tutto ciò che è vita/energia/forza vitale, come Le Cose Avanzate che, destabilizzando luoghi comuni, tra spiazzamenti, decontestualizzazioni simultanee e sincretismi ridotti ai minimi termini, sono pur sempre (come direbbe Lévi-Strauss) “testimoni fossili di un individuo e di una società” che fanno appello alla coscienza e alla sensibilità del pubblico, nel farsi gesto, segno, processo.
Mara Folini Ceccarelli 2017